Documentandomi in giro per la rete. è risultato difficile descrivere in modo dettagliato l’evoluzione del karate a causa della mancanza di fonti storiche certe. Ci sono ipotesi riguardo alla nascita e alla diffusione iniziale di quest’arte marziale, utilizzando rare fonti costituite perlopiù da racconti e leggende trasmessi oralmente. Solo dal XIX secolo in poi, la storia risulta più chiaramente documentata.
La storia del Karate parte da un arcipelago a sud del Giappone, le isole Ryukyu e in particolare dall’isola più grande: Okinawa.
Non è possibile affermare con certezza se esistesse già una forma di combattimento autoctona; tuttavia, si crede che fosse già praticata un’arte “segreta”: l’Okinawa-te.
L’arcipelago delle Ryu-Kyu era diviso in tre regni.
Per molti secoli Okinawa aveva mantenuto rapporti commerciali con la provincia cinese di Fukien e fu così, probabilmente, che conobbe alcune arti marziali cinesi come il chuan-fa / Quanfa (trad. “Via del pugno”, nato secondo la tradizione nel monastero di Shaolin, in Cina) modificandolo col passare degli anni secondo metodi locali. La stessa isola di Okinawa era divisa in tre principati: Hokuzan (Montagna settentrionale), Chuzan (Montagna centrale) e Nanzan (Montagna meridionale).
Sho Hashi, re di Chuzan, nel 1429 unificò i tre regni di Okinawa e in seguito anche tutti i regni delle Ryu-kyu. Poco più tardi, Sho Shin (che regnò dal 1478 al 1526), per mantenere la pace, intorno al 1500 vietò il possesso di armi, che furono raccolte e chiuse in un magazzino del castello di Shuri. Dopo la battaglia di Sekigahara, il clan vittorioso dello shogunato Tokugawa concesse al clan Shimazu, che governavano il bellicoso feudo di Satsuma nell’isola di Kyūshū, di occupare le Ryu-kyu: 3.000 samurai compirono l’invasione senza incontrare valida resistenza (1609).
Poiché fu rinnovato il divieto di possedere armi e persino gli utensili di uso quotidiano come bastoni e falcetti dovevano essere chiusi nei magazzini durante la notte, gli abitanti si dedicarono in segreto allo studio di una forma di autodifesa da usare contro gli invasori.
Nacque così la scuola Okinawa-te («mano di Okinawa»), detta anche tode (“mano cinese”), che si divideva in tre stili: Naha-te, sul modello del kung fu della Cina meridionale, Shuri-te e Tomari-te, sul modello del kung fu della Cina settentrionale. Va precisato che Naha era la capitale dell’isola di Okinawa, Shuri la sede del castello reale e Tomari la zona del porto (oggi Shuri e Tomari sono quartieri di Naha).
L’ideogramma te letteralmente indica la parola “mano”, ma per estensione può anche indicare “arte” o “tecnica”; il significato di Okinawa-te, quindi, è “arte marziale di Okinawa”.
Essa era praticata esclusivamente dai nobili, che la tramandavano di generazione in generazione.
Nei secoli XVII e XVIII le condizioni dei nobili di Okinawa cambiarono notevolmente, l’improvviso impoverimento delle classi alte fece sì che gli esponenti di quest’ultime iniziassero a dedicarsi al commercio o all’artigianato.
Fu grazie a questo appiattimento tra i due ceti che l’arte “segreta” iniziò a penetrare anche al di fuori della casta dei nobili.
La conoscenza del te restava uno dei pochissimi segni di appartenenza passata a un’elevata posizione sociale. Per questo motivo i nobili, ormai divenuti contadini, tramandavano quest’arte a una cerchia ristrettissima di persone.
Così facendo si è avuta una dispersione dell’arte originale e furono gettate le basi per i vari stili di karate. Per la nascita del tode furono fondamentali anche le arti marziali cinesi: le persone che si recavano in Cina, anche per due o tre anni, avevano modo di studiare le arti marziali del luogo.
Tuttavia le arti marziali cinesi si basavano su concetti filosofici e su un’elaborata concezione del corpo umano, pertanto era impossibile imparare le arti cinesi nello spazio di un solo viaggio, e con ciò i viaggiatori giapponesi appresero quel che potevano. Si pensa quindi che sia stata possibile una sorta di fusione tra le arti arrivate dalla Cina, che comunque costituivano uno stile non metodico, e il te okinawense. Una prova di questo importante scambio culturale tra Okinawa e Cina è fornita da un maestro vissuto in epoca successiva, Anko Itosu. In uno scritto di suo pugno vede le origini del karate nelle arti cinesi e sottolinea come non abbiano influito né il Buddhismo né il Confucianesimo.
Il primo maestro delle Ryu-kyu fu Kanga Sakugawa di Shuri (1733-1815), signore di Okinawa ed esperto di te; era soprannominato “Tode” perché combinò il Quanfa, da lui studiato in Cina, con le arti marziali di Okinawa.
Egli fu il primo maestro che provò una razionalizzazione e una codificazione delle arti diffuse ad Okinawa. Tuttavia trascorse ancora qualche decennio prima dello sviluppo di una vera e propria scuola di tode.
Il fondatore di questa scuola fu il suo allievo Sokon Matsumura (1809-1901); egli fu maestro del grande Anko Asato (1827-1906), a sua volta maestro di Gichin Funakoshi(1868-1957).
a sinistra Sokon Matsumura – al centro il Re Sho Tai – a destra Anko Itosu
Il suo stile di tode era chiamato Shuri-te (arte marziale di Shuri) in quanto Matsumura era residente proprio nella città di Shuri.
Egli basò il proprio insegnamento su tre punti fondamentali: la pratica dell’arte autoctona di Okinawa, l’arte giapponese della spada e la pratica delle arti cinesi. Nacque così il vero e proprio tode. Anko Itosu (1832-1916), allievo esterno di Matsumura, grande amico di Asato e anch’egli maestro di Funakoshi, introdusse il tode nelle scuole di Okinawa e mise a punto i cinque kata detti Pinan (presenti nel karate degli stili come il Wado-Ryu e Shito-Ryu; questi kata cambiarono poi il nome in Heian).
Gichin Funakoshi
Il primo maestro di Okinawa a recarsi in Giappone fu Motobu Choki di Shuri (1871-1944), straordinario combattente, ma illetterato, che perciò non ottenne grande successo come insegnante. Solo più tardi, con l’arrivo dell’allievo Funakoshi, divenuto poi maestro, l’Okinawa-te si diffuse nel paese del Sol Levante.
Nel 1921 passò per Okinawa il principe Hirohito, diretto in Europa, e nel castello di Shuri, Funakoshi organizzò un’esibizione che fu molto apprezzata. Lasciato l’insegnamento, nella primavera del 1922, Funakoshi fu scelto per eseguire una dimostrazione di karate alla Scuola Normale Superiore Femminile di Tokyo, dove si stabilì.
Nel 1922 scrisse “Ryu-kyu kempo”: karate (karate significava ancora «mano cinese» e i nomi dei kata erano quelli originari di Okinawa). Nel 1935 pubblicò “Karate-do kyohan”, molti anni dopo tradotto dal maestro Tsutomu Oshima.
I primi anni furono difficili soprattutto sotto l’aspetto economico. Nel 1931 il karate fu ufficialmente riconosciuto dal Dai Nippon Butoku Kai, l’organizzazione imperiale per l’educazione della gioventù.
Ideogramma “Karate”
Nel 1936, grazie al comitato nazionale di sostenitori del karate, venne costruito il dojo Shotokan a Zoshigaya, sobborgo del quartiere speciale di Toshima a Tokyo. “Shoto” era lo pseudonimo che Funakoshi usava da giovane nel firmare i suoi poemi cinesi, “kan” invece vuol dire “sala”.
Per facilitare la diffusione del karate in Giappone, gli ideogrammi tode e te, vennero assemblati. Si ottenne così la parola tote, ma l’ideogramma to, che si leggeva anche “kara” (ma col significato di «vuoto» sia nel senso di «disarmato», che in riferimento allo stato mentale del praticante, concetto Zen di mu-shin), fu cambiato con questa lettura. Pertanto l’ideogramma finale risultò karate. Vennero inoltre cambiati in giapponese i nomi originali delle tecniche e dei kata per renderli più comprensibili.
Nel dopoguerra il generale Douglas MacArthur proibì la pratica delle arti marziali, ritenute l’anima dello spirito militarista nipponico, ma a poco a poco l’interesse per il karate crebbe anche in Occidente e Funakoshi fu ripetutamente invitato a dare dimostrazioni.
Gichin Funakoshi muorì nell’aprile del 1957 all’età di 89 anni, sulla sua tomba fu scritto: “Il Karate non conosce primo attacco” (Karate ni sente nashi).
Prima di morire Gichin lasciò la direzione dello stile Shotokan al figlio Yoshitaka, che trasformò profondamente lo stile elaborato dal padre, inserendovi attacchi lunghi e potenti, che facevano uso di nuove tecniche di calci.
Yoshitaka Funakoshi
Yoshitaka morì di tubercolosi nel 1953.
Oggi giorno la federazione mondiale del karate (WKF) è riconosciuta dal comitato olimpico internazionale come responsabile per le competizioni di karate ed ha sviluppato regole comuni che governano tutti gli stili, tuttavia va precisato che il karate non ha lo status olimpico. Nella 117ª sessione del CIO (luglio 2005), nella votazione per determinare se diventare sport olimpico, più della metà dei voti fu favorevole, ma era necessario il raggiungimento di almeno i due terzi dei votanti.
-Bazinga!-
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